sabato 28 maggio 2022

KONRAD - L'Europa, spiegata bene

@ - Dopo alcuni mesi di unità e condivisione quasi totali, l’Unione Europea sta faticando a trovare una linea comune sul pacchetto di sanzioni, il sesto, da imporre alla Russia: questo perché inevitabilmente, per alzare il tiro, dovrà comprendere una misura che non è facile da far digerire a tutti i Paesi membri, cioè il blocco alle esportazioni di petrolio russo.

L’opposizione più forte viene dall’Ungheria di Viktor Orbán, che è appena stato rieletto alla guida del Paese. L’ostruzionismo di Orbán non si spiega solo con la forte dipendenza dell’Ungheria dal petrolio e dal gas russi, ma anche con la vicinanza politica dei due governi: in questi mesi il leader ungherese si è anche rifiutato di inviare armi agli ucraini, e i media ungheresi – quasi del tutto sotto il controllo di Orbán – hanno fatto circolare informazioni distorte e teorie del complotto filorusse.

Il piano della Commissione Europea, proposto ormai a inizio maggio, è di limitare gradualmente l’acquisto di petrolio per arrivare a uno stop alle importazioni del petrolio greggio in sei mesi, e in un anno a quelle del petrolio raffinato. Una «bomba atomica» sull’Ungheria secondo Orbán – a cui comunque la Commissione aveva offerto una deroga sui tempi – un problema non insormontabile secondo altri osservatori.

Questa decisione isola ancora di più l’Ungheria anche dal cosiddetto gruppo di Visegrád, l’alleanza dei paesi dell'Europa orientale composta da Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia: tutti, oggi, sono favorevoli allo stop alle importazioni di petrolio russo. Per molti di loro l'opposizione alla Russia è più forte dell'insofferenza verso l'impostazione centralizzata della Commissione Europea.

Non è chiaro se e quando l'Ungheria cederà. Lunedì e martedì si terrà un Consiglio Europeo straordinario, ma un eventuale accordo è ancora in bilico. Orbán si rifiuta anche solo di discutere di stop alle importazioni a meno che la Commissione sborsi decine di miliardi di euro al governo ungherese per indennizzarlo, e che sblocchi i fondi del cosiddetto Recovery Fund, attualmente in stallo per gli estesissimi dubbi su dove andranno a finire questi soldi una volta arrivati in Ungheria.

Il piano complessivo presentato dalla Commissione per risolvere parzialmente la crisi energetica, anche quella che eventualmente si presenterà con le sanzioni sul petrolio russo, si chiama REPowerEU: prevede un fondo da 210 miliardi di euro, da pescare soprattutto fra i soldi inutilizzati del Recovery Fund. Ma non è detto che vada in porto: sia perché approvare un altro complesso piano che si intrecci col Recovery Fund non è semplicissimo, sia perché diversi paesi hanno delle perplessità sulle ricadute ambientali del REPowerEU, che potrebbero confliggere con gli obiettivi e gli impegni del Green Deal.

Cose che forse vi siete persi
La guerra in Ucraina continua, soprattutto nelle zone orientali del paese. A Mariupol l’acciaieria Azovstal è stata conquistata dai russi, e 200 soldati ucraini l’hanno abbandonata, in quella che molti definiscono una “resa”. Qui cerchiamo di capire cosa succederà loro. Dal Donbass (ma anche da Kiev, in realtà) stanno arrivando racconti di rapimenti di civili ucraini, di cui si perdono le tracce: secondo alcune fonti molti di loro vengono forzatamente portati in Russia.

Intanto i negoziati non stanno andando da nessuna parte: buona parte della responsabilità è della Russia, che finora non ha mai preso sul serio le trattative. Tra le richieste di Vladimir Putin e dei negoziatori russi c’è quella di annettere la Crimea, che per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è fuori discussione. Ci sarebbe anche il presunto “piano italiano” per la pace in Ucraina: che però non è piaciuto né alla Russia né ha scaldato particolarmente i paesi europei.

L’Ucraina ha anche processato per crimini di guerra il primo soldato russo, che è stato condannato all’ergastolo. A proposito di crimini di guerra, nei giorni scorsi il New York Times ha pubblicato un’inchiesta sull’uccisione di alcuni civili a Bucha: un’ulteriore prova dei massacri compiuti dai russi in quella zona.

Come dicevamo prima, in Europa si discute di gas e petrolio, e del tentativo di bloccarne le importazioni dalla Russia, ma le trattative sono molto difficili. Questo è tra l’altro un argomento che fa molta presa sull’opinione pubblica e sui discorsi in famiglia, tanto che abbiamo osservato un aumento delle truffe sui contratti di luce e gas. Ma più che del gas, dovremmo preoccuparci della crisi alimentare che aspetta noi e soprattutto i paesi più poveri, se non verranno riaperti al più presto i porti ucraini.

In questo mese si è anche parlato moltissimo di NATO, con la storica decisione dei governi socialdemocratici di Svezia e Finlandia di fare domanda per aderire all'alleanza atlantica. Perché il processo parta, però, serve l’unanimità dei Paesi aderenti: ci si è messa di mezzo la Turchia, perché Svezia e Finlandia ospitano alcuni oppositori e avversati politici di Recep Tayyp Erdogan che il presidente turco considera dei terroristi. Intanto il Regno Unito si è mosso autonomamente, sottoscrivendo un patto di sicurezza con Svezia e Finlandia.

Nel frattempo, ve ne sarete accorti, c’è stato l’Eurovision, che è stato vinto dalla band che rappresentava l’Ucraina, i Kalush Orchestra: qui vi raccontiamo chi sono. Altrove invece è stato tempo di elezioni: in Irlanda del Nord, dove ha vinto il partito nazionalista di sinistra Sinn Féin, per la prima volta. A proposito di elezioni, il Parlamento Europeo ha approvato una proposta per eleggere parte dei propri deputati da una vera e propria “lista europea”, che gli elettori di tutti gli stati membri possono votare. Sarebbe un grande passo in avanti per l’integrazione europea, così come lo sarebbe superare il voto all’unanimità, che rende difficile prendere decisioni importanti come quella sul blocco delle importazioni di petrolio russo.
Per suggerimenti, indicazioni o consigli, potete rispondere a questa mail. Se questo numero vi è piaciuto proprio tanto, potete inoltrarlo: non lo vieta nessuna direttiva, per ora.

Ci sentiamo fra due settimane. Ciao!

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